Cos'è la commissione di massimo scoperto: definizione e rischi per i correntisti
Facciamo chiarezza sulla commissione di massimo scoperto: scopriamo cos'è e perché è una pratica illegittima per i correntisti.
La determinazione e il regolamento degli interessi, delle commissioni e delle spese nei conti correnti è oscura ed ambigua per la maggior parte dei correntisti. Districarsi tra le diverse condizioni contrattuali, spesso poco trasparenti, per comprendere chiaramente le caratteristiche, i rischi e i costi dei prodotti finanziari è una impresa che scoraggia anche gli esperti. Tra le tante insidie nascoste nei contratti bancari, scopriamo oggi che cos’è la commissione di massimo scoperto.
Definizione
La maggior parte dei conti correnti prevedono lo scoperto di cassa o fido, un credito concesso dalla banca al correntista che garantisce la possibilità di poter andare “in rosso” sul conto. Lo scoperto di conto, però è concesso fino ad un massimo stabilito. Oltre questo limite, la banca applica una commissione, definita appunto commissione di massimo scoperto (CMS). Di fatto, dunque, si tratta di interessi supplementari calcolati sul massimo saldo negativo registrato su base trimestrale, ovvero sulla somma più alta raggiunta dal correntista oltre il massimo stabilito nell’arco di un trimestre
Perché è una pratica illegittima
Prima degli interventi normativi che ne hanno disciplinato l’uso, la commissione di massimo scoperto è stata a lungo oggetto di una applicazione scorretta sotto diversi profili. Una anomalia molto diffusa vede infatti la commissione di massimo scoperto esclusa dal calcolo del TAN e del TAEG, portando così a superare il limite consentito dalla legge sui tassi di usura: in caso di scoperto il correntista si trovava così addebitati oneri ingiustificati e superiori a quelli consentiti dalla legge. Difatti l’art. 644, comma 4, c.p.c. prevede che ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario si deve tenere conto delle commissioni, delle remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese (escluse quelle per imposte e tasse) collegate alla erogazione del credito, e quindi all’affidamento accordato. La Corte di Cassazione si è espressa a favore di tale orientamento, ritenendo che la commissione di massimo scoperto rientri tra le voci da includere nel calcolo del costo del finanziamento rilevante ai fini della determinazione del tasso usurario, così come espresso anche dalle istruzioni della Banca d’Italia, che indicano tra gli oneri inclusi nel calcolo del TEGM, per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi, non solo gli oneri per la messa a disposizione del fondi, ma anche la CMS, laddove applicabile secondo le disposizioni di legge vigenti.
Gli ultimi interventi normativi
Le ultime disposizioni legislative in materia – quelle del decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito in legge 28 gennaio 2009 n. 2 – hanno stabilito che l’ammontare della commissione di massimo scoperto non può superare lo 0,5% a trimestre, si applica solo ai correntisti che hanno un fido ed esclusivamente se il superamento del massimo stabilito ha durata superiore ai 30 giorni. Sono inoltre state dichiarate illegittime le commissioni per la messa a disposizione di fondi a favore dei clienti titolari di un conto corrente applicate indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, e quindi indipendentemente dall'effettiva durata di utilizzo dei fondi da parte del cliente, a meno che tale corrispettivo non sia pattuito in forma scritta tra cliente e banca, e specificatamente evidenziato e rendicontato al cliente con cadenza massima annuale.
Come difendersi
Per difendersi dalle anomalie legate alla commissione di massimo scoperto occorre affidarsi ad esperti nel recupero degli interessi illegittimi e delle perdite finanziarie causate dalla sottoscrizione di contratti bancari e finanziari irregolari, come quelli di GMB Finance, che possono mettere a disposizione una consulenza specializzata nel calcolo degli interessi ingiustificati e assistenza legale completa.