Opzione finale sul tasso leasing: quali insidie possono celarsi
La correttezza del calcolo del piano di ammortamento del leasing con riguardo all'opzione di riscatto del bene
Abbiamo parlato più volte il contratto di leasing che, come già detto, è la combinazione di due istituti, il contratto di locazione (art. 1571 c.c.) e la vendita con patto di riservato dominio (art. 1523 c.c.); dunque, con la sottoscrizione di un contratto di leasing, la banca s’impegna a comprare il bene indicato dall’utilizzatore per poi concederglielo in uso dietro pagamento di canoni nonchè consentire, all’utilizzatore, di restituire il bene o di venirne in possesso alla fine del piano previsto.
L’opzione finale nel contratto di leasing
L’opzione finale, anche detta opzione di riscatto, è la facoltà che ha l’utilizzatore di acquisire la proprietà del bene alla fine del piano di ammortamento. Per esercitare l’opzione di riscatto vuol dire che, ovviamente, sono stati pagati tutti i canoni e, quindi, pagare l’importo previsto, come da contratto, per l’opzione. Il valore dell’opzione di riscatto è stabilito alla stipula del contratto e, essendo una opzione, l’utilizzatore può, in alternativa, non esercitarla e restituire il bene locato.
La correttezza dell’opzione di riscatto
Il prezzo dell’opzione finale, abbiamo detto, viene stabilito contrattualmente e, quando inserita nel piano di ammortamento potrebbe far sorgere delle irregolarità. Essendo facoltà dell’utilizzatore esercitare l’opzione, una parte della giurisprudenza ritiene che tale prezzo non debba essere inserito nel piano di ammortamento, quasi fosse canone poiché, appunto, non lo è, essendo una mera facoltà da poter esercitare al termine del contratto e, pertanto, il suo prezzo non deve rappresentare un debito con la conseguenza di generare interessi a carico dell’utilizzatore. A tal riguardo una decisione dell’ABF di Milano del 2016.